Da sabato 22 novembre è aperta al pubblico la mostra collettiva "Continuum", che vedrà esposte le installazioni degli artisti Gianluca Ferrari, Damiano Paroni, Giorgio Tentolini e Rosetta Termenini, dell'associazione Exhibitionow. Luogo principale dell'esposizione sarà la Galleria di San Ludovico, mentre sulle pareti del Torrione Visconteo verrà proiettata l'opera "Ghostface" di Gianluca Ferarri.

L'esposizione, realizzata con il patrocinio e la collaborazione del Comune di Parma, si propone come un dialogo tra memoria e contemporaneità, tra luce e ombra, tra la storia dell’arte e la sua perpetua riscrittura. Il percorso espositivo, scandito da quattro interventi, si configura come un attraversamento: dall’umano al simbolico, dalla materia alla luce, dall’esperienza individuale alla dissolvenza percettiva.

In CONTINUUM la Galleria San Ludovico diventa essa stessa corpo dell’opera: un organismo che respira le metamorfosi della materia e della luce. Gli artisti, pur nella diversità dei linguaggi, condividono una tensione comune: smaterializzare la realtà per restituirla alla sua dimensione poetica.

In mostra gli artisti:

 

ROSETTA TERMENINI — LA TR-AMA
Il percorso si apre con la performance di Rosetta Termenini e Alessia Lusardi, che introduce il visitatore nel territorio della memoria e della perdita. La sua azione performativa, costruita attorno al racconto di Giulia, donna realmente esistita nella Liguria di fine Ottocento, internata a Volterra con l’accusa di follia, rievoca un destino femminile spezzato, riscattato solo dall’arte e dal gesto poetico. Il lenzuolo bianco ricamato, fulcro visivo e simbolico della performance, diventa reliquia e atto di resistenza: tessuto di vita e di tempo, come il filo trasparente delle Parche di Correggio nella Camera di San Paolo. Bianco e rosso dominano la scena — purezza e ferita, corpo e assenza — mentre la voce dell’artista e il suono del flauto di Francesca Gabrielli trasformano la confessione in liturgia laica. Nella teca accanto, i libri ricamati di Rosetta Termenini ampliano il rito della memoria: grottesche-raffaellesche, citazioni shakespeariane, lettere d’amore di due sconosciuti, Bruna e Mario. La casa, la famiglia, la follia e l’amore si intrecciano in un’unica trama. La performance restituisce alla storia il suo respiro, e alla sofferenza una forma di trascendenza.

 

GIORGIO TENTOLINI — LES NYMPHES
Nella cappella d’ingresso, Giorgio Tentolini sospende nello spazio una costellazione di volti in rete metallica. Figure diafane, intessute di luce e d’ombra, che emergono e si dissolvono come apparizioni. Le sue ninfe non appartengono più alla natura ma alla rete digitale, archivio impersonale di memorie e desideri. Le ombre proiettate sulle pareti, come nelle lunette di Correggio illuminate dal basso, costruiscono una profondità illusoria: la materia si fa respiro, l’immagine diventa eco di un mito rinnovato. Le ninfe di Tentolini, volti di nessuno e di tutti, incarnano la soglia tra il biologico e il digitale, tra l’umano e il post-umano.

 

GIANLUCA FERRARI — DISMANTLED
Nella cappella che precede l’abside, Gianluca Ferrari mette in scena una duplice presenza: due figure, una maschile e una femminile, proiettate tramite ologrammi, si fronteggiano scambiandosi frammenti di sé. I corpi digitali, scomposti e ricomposti, vivono in uno stato di continua mutazione. Ferrari opera una separazione sistematica del corpo e un atto di non-riconoscimento: la digitalizzazione diventa perdita d’identità. L’osservatore partecipa al processo, ricostruendo col proprio sguardo un’unità impossibile. Come nel suo lavoro esposto nel Torrione VisconteoGhostface — il volto umano si trasforma in interfaccia, riflesso di un io scisso, proiezione di un Narciso contemporaneo che si specchia nel flusso algoritmico. Il suono, discreto e immersivo, accompagna la visione, amplificando il senso di sospensione: il corpo non è più figura, ma processo generativo, campo di forze in costante ridefinizione.

 

DAMIANO PARONI — DUE MONDI
Nell’abside rettilinea, Damiano Paroni chiude il percorso con un’installazione immersiva che unisce la stabilità dell’architettura alla leggerezza del pensiero poetico. Due sedie illuminate da un faro, una nube di farfalle-origami che si espande nello spazio: la scena si offre come un sogno che prende forma e si dissolve. Le ombre delle sedie, una nitida, l’altra sfocata, sono come due gradi di realtà che si inseguono. L’opera, radicata nella quiete apparente dello spazio sacro, mette in tensione positivo e negativo, presenza e assenza. È un concept aperto, un “caos calmo” dove la materia si sfalda e la luce genera nuove ombre.